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«– Dio – continuò – di tanto in tanto sceglie tra i suoi fedeli un’anima, e la colloca sopra le altre. T’ho seguito passo per passo fin dal giorno che m’è stata affidata la parrocchia. Credo che faresti bene a entrare in Seminario».
Emilio è un ragazzino e come tutti i ragazzini trascorre le proprie giornate in modo spensierato. Poi d’improvviso il babbo muore e su proposta del parroco il giovane viene inviato a proseguire gli studi in seminario. Per Emilio significa iniziare una nuova vita: lasciare la cittadina dov’è cresciuto, gli amici, la famiglia e prepararsi a diventare adulto. In seminario Emilio fa di tutto per essere un buon allievo, è diligente e si applica, e tuttavia negli anni si fa largo in lui il dubbio che quella non sia la sua reale vocazione. Romanzo di formazione – o meglio: di una formazione mancata – «Gli ostaggi» racconta con tono garbato e con molto pudore di una crisi personale, ma anche in generale di un modo austero d’intendere l’educazione. Se il tema può apparire (ed è apparso) tabù, va detto che Bonalumi ha un modo sommesso e sincero di raccontare, distantissimo da qualsiasi intento scandalistico. Opera prima in gran parte autobiografica, il racconto ha vinto nel 1954 il Premio Veillon ed è stato pubblicato quello stesso anno a Firenze da Vallecchi. Recentemente è stato tradotto in francese e in tedesco, a riprova di come non abbia perso a distanza di anni il proprio carattere primo, quello di un racconto candido e umanissimo.
Matteo Ferrari
(poi: Casagrande, Bellinzona, 1979; idem, 1986, con prefazione di David Maria Turoldo; Moretti e Vitali, Bergamo, 1997, sempre con prefazione di Turoldo).
Vallecchi, Firenze 1954
ISBN: 88-7186-079-9