Premio Lugano nel 1943, «Signore dei poveri morti» è un romanzo di forte atmosfera, che dipinge con pennellate cariche un Ticino rurale e miserevole, una società arcaica segnata dal rapporto con la «madre terra» e con il mondo misterioso della morte. Degno di nota è il linguaggio adoperato da Filippini, una vivace commistione di lingua letteraria e oralità che ha chiamato a paragone antecedenti illustri quali Vittorini e Céline. Sarebbe anche proficuo un confronto con il Gadda della «Cognizione del dolore», sia per la consonanza di tema (il senso di colpa per la morte del fratello e la sua espiazione), sia per le forti tinte espressionistiche delle due opere. Ma è nella struttura profonda che esse risultano più intimamente legate: Filippini architetta una narrazione a spirale che si dipana dal nucleo autobiografico per ritornarvi più volte ossessivamente, veicolata dall’urgenza di confidarsi, di dar voce al dolore. Che è poi la componente più sincera, e la forza segreta, del «Signore dei poveri morti».
Gionas Calderari
Ist. Ed. Tic., Bellinzona 1943
ISBN: 88-8281-063-1