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«So könnte es ohne weiteres gewesen sein: Vom Berg in die Stadt verschlagen und so weiter. Eindeutig die Entwicklung? Vielleicht; zu pathetisch, zu bebend, zu grell. Durchaus möglich; was soll’s. Warum also weitere Worte darüber verlieren.»
Il cicalio degli ospiti in preda ai saluti cessa all’improvviso. Stufo, il prozio ha spaccato, una volta per tutte, l’elica, comprata alle giostre, con cui il ragazzo giocava rumorosamente a fare l’aereo fino a un attimo prima. Un piccolo trauma infantile che, però, è tuttora in grado di sprigionare nell’io narrante, ormai adulto e in volo sopra le Alpi, un irrefrenabile torrente di ricordi. Nel suo secondo romanzo «Flug», Reto Hänny espone alcuni frammenti: passando dall’infanzia in montagna, alla scuola a Ruch (anagramma del nome tedesco della capitale dei Grigioni Coira, Chur, già titolo del suo romanzo d’esordio «Ruch»), per finire alle rivolte giovanili nella Zurigo degli anni Ottanta e alla soppressione di queste ultime da parte della polizia. «Avrebbe benissimo potuto essere così: finito dalla montagna in città, e così via.» E l’autore continua a sognare di volare ad occhi aperti, ma con sguardo critico. Tra una cosa e l’altra racconta la storia dell’aeronautica, dei suoi progressi, illustrandoli con la vita di Blériot, pioniere dell’aviazione francese. Un eroe, non glorioso, che ha superato il record attraversando il Canale della Manica nel 1909, e finisce in un atterraggio di fortuna. E così la fantasia lascia che l’autore, nel suo aereo sopra le Alpi, si schianti nella nebbia. Hänny conclude il romanzo con una sola parola nebulosa e ambigua: «untergetaucht» (sparito nel nulla).
(Severin Perrig, trad. di Anna Allenbach)
Traduzione del titolo: Volo
Suhrkamp, Frankfurt 1985
ISBN: 3-518-03563-0