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« sa voix, sa conversation ne sont pas à la hauteur du miracle que j’éprouve à le savoir encore parmi nous. »
«E poi d’un tratto, viaggiavamo serenamente attraverso la campagna, ho percepito per la prima volta che Padre era mortale.» Da allora «tutto è cambiato». Sconvolto, Jérôme Meizoz inizia a prender nota, mescolando ricordi, sogni e aneddoti, così da «conservare qualcosa di lui, prima che venga gettato, dalla natura, nei rifiuti siderali». Questi frammenti strutturano Père et passe (Padre e passa), dandogli una forma aperta che accoglie i silenzi, lascia vibrare le reminiscenze. La scrittura è qui legata alla scomparsa, inoltre vuol essere come una forma di congiura: si tratta di far mentire la superstizione per la quale fino a quando l’autore scrive il padre rimarrà in vita. È con un sospiro di sollievo che egli conclude il libro: «Non è successo niente.»
E invece qualcosa è accaduto. Nel preparargli questa «stanza di carta» e accompagnarlo così verso gli ultimi istanti della vita, offre al padre una dichiarazione d’amore pudica e poetica. La sua prosa sovrappone lontani echi di sensazioni infantili allo sguardo adulto sul padre che invecchia, su colui che visse tra militanza e lavoro quotidiano. Con tenerezza osserva i gesti, le stanchezze e le fierezze di un uomo semplice che non ha imparato a esprimere i sentimenti – non sono cose che si fanno, nel piccolo paese vallesano «attaccato alla montagna come un’acquasantiera» –. Jérôme Meizoz conferma qui il suo talento per la forma breve, ellittica. Nel suo tentativo di domare la fine la sua scarna scrittura distilla una miriade di emozioni per conservarne l’essenza, parlando così a tutti i padri e a tutti i figli.
(Anne Pitteloud, trad. Roberta Deambrosi)
Traduzione del titolo: Padre e passa
Ed. d'en bas & Le Temps qu'il fait, Losanna 2008
ISBN: 978-2-8290-0344-8